Omelia (04-12-2022)
padre Gian Franco Scarpitta

Conversione e vita da redenti

Giovanni Battista, nel deserto di Giuda, invita tutti a predisporre lo spirito alla venuta del Messia, a emendare la nostra condotta per intensificare la preparazione interiore all'incontro con il Venturo Signore e a realizzare in noi stessi la conversione "per il perdono dei peccati" che conduca a una condotta giusta ed equilibrata. Nella versione di Luca del medesimo testo, Giovanni aggiunge a questi moniti una rassicurazione: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio"(Lc 3, 6).
Questo regime di salvezza viene descritto dal profeta Isaia al cap. 11 (I Lettura) attraverso un insieme di immagini allusive e fascinose nelle quali gli opposti si armonizzano: la pantera si sdraia accanto al capretto, il bambino tocca il covo dei serpenti... Un linguaggio che sottende a una realtà di pacificazione generale, che sarà apportata dal messianismo venturo. Quando verrà il Salvatore atteso, tutti gli uomini saranno redenti e nel mondo regnerà la pace e la giustizia. Tutti avranno familiarità con Dio e il Messia sarà loro unico riferimento. Il Nuovo mondo apportato dal Messia è un sistema di cose meraviglioso, pacifico e ordinato. Non si fonderà più sull'interesse personale e sull'avidità; debellerà arrivismo, presunzione, caparbietà che ingenerano odio e violenza e la conoscenza di Dio istituirà un ordine di cose nel quale il sospetto e l'indifferenza lasceranno il posto alla concordia e all'altruismo generoso. La pace è infatti una condizione di stabilità e di benessere universale che solo la reciproca intesa e la premura gli uni verso gli altri possono garantire. Gli Ebrei di fatto aspettavano l'arrivo di un Messia "Re di pace", che avrebbe apportato pace e felicità su tutta la terra sconfiggendo definitivamente i nemici d'Israele: "Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare, dal fiume fino ai confini della terra."(Zc 9, 10 - 12). Ci si aspettava una sorta di liberatore probabilmente politico o militare che avrebbe risollevato le sorti d'Israele e imponendosi avrebbe restaurato l'ordine sociale e universale.
Ma il vero Messia è quello preannunciato dal profeta Isaia come "Agnello condotto al macello",(Is 52 - 53) il trafitto al quale tutti guarderanno e il cui sangue ci riscatterà dai nostri peccati. Sarà l'Emmanuele, il Dio con noi che nascerà, esile e indifeso, da una vergine che lo metterà al mondo in una spelonca aspra e scomoda. Il Messia sarà povero fra i poveri per arricchirci con la sua stessa povertà; sarà umile e dimesso per esaltarci con la sua semplicità; sarà perseguitato e oppresso per conferirci la dignità vera. E soprattutto sarà trattato da peccatore per riscattarci dai nostri peccati (Cfr. 2Cor 5, 21) espiando l'iniquità e la cattiveria di noi tutti (Is 53, 6).
La venuta di questo Messia universale, molto più di quello che Israele si attendeva, comporta un rinnovamento interiore, un radicale cambiamento che nessun giustiziere o legiferatore potrà mai apportare, una radicale trasformazione della persona che alla radice del mutamento definitivo del mondo intero. Gesù Bambino porterà di fatto la pace, la gioia, l'armonia e la concordia, ma si tratterà di un Regno di giustizia e di concordia universale che scaturirà dal cuore di ogni uomo, che comporterà radicale e decisa conversione.
Il profeta Isaia a sua volta diceva (Is 40, 3 - 4): "Nel deserto, preparate la strada del Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata." Giovanni dice di se stesso: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" e con la sua persona sciatta, precaria e limitata e con le sue parole, nel deserto geografico, invita tutti a emanciparsi dal deserto dell'inquietitudine demoralizzante di cui siamo prigionieri affinché la presenza del Salvatore Gesù Risorto possa fare di noi dei redenti in grado di conoscere Dio Padre nello Spirito Santo per essere in grado di apportare pace e giustizia in tutto il mondo. La conversione ha Dio stesso come primo protagonista, in quanto è Lui a offrire tutte le condizioni e le possibilità per avviare una trasformazione congeniale di noi stessi; Dio anzi ci sollecita e ci sprona al cambiamento, orientandoci verso la soluzione della redenzione personale perché tutti i problemi, le difficoltà, le aspettative possano giungere a un epilogo adeguato. Giovanni ce ne da la certezza con il suo invito insistente a voler accogliere con fiducia codesto appello divino. Chi si converte comprende l'invito del Signore a vita nuova, lo assimila e vi aderisce attraverso una radicale trasformazione di sé la cui espressione è la parola "metanoia", cioè cambiamento di aspettativa, di vedute, di concezioni personali che si orientino secondo Dio. La conseguenza di tutto ciò è data dall'evidenza dei fatti, cioè dalla concretezza di opere concrete che ne manifestano la realizzazione.
Noi ci accorgiamo che il mondo ancora attende l'evidenza di queste persone redente che possano apportare un "di più", un "nuovo" alla convivenza umana nel mondo. L'uomo sembra rifiutare di voler incontrare Dio, oppure si mostra propenso ad incontrarlo secondo preferenze e modalità propriamente sue, ovvero nell'idolatria o nell'alienazione. Il risveglio della spiritualità e la corsa ai luoghi di preghiera non deve trarre in inganno, poiché riguarda una ricerca di Dio inadeguatamente orientata, allusiva a una fuga o a una forma di compromesso. Soprattutto con il progredire della tecnologia e della robotica con la quale prossimamente potremmo anche essere sostituiti da macchine umanoidi nell'adempimento di mansioni e professioni, crescerà sempre più la sicumera procurata dagli artefatti della scienza, che ha già manifestato la propria volontà di prescindere da Dio e anche il concetto stesso di umanità rischia di essere manomesso nel vortice dei continui ritrovati della tecnica.
In un commendo al brano di Isaia di cui alla Lettura di oggi, Ratzinger sottolinea che: "la vera tentazione del cristiano, che noi oggi sperimentiamo, non consiste tanto nella questione teoretica circa l'esistenza di Dio, o nella questione se Cristo sia simultaneamente Dio e uomo. Quel che oggi propriamente ci assilla e costituisce per noi una tentazione è l'inefficacia del cristianesimo: dopo duemila anni di storia cristiana non vediamo nulla che sia una nuova realtà nel mondo, bensì vediamo che il mondo continua ad essere invischiato nelle stesse cose spaventose... l'impotenza della realtà cristiana nei confronti di tutte le altre potenze che ci modellano e ci sollecitano."
L'inefficacia cristiana che si evince nella mancata testimonianza di conversione e di vita redenta, un deserto di aridità spirituale che riguarda appunto noi credenti per primi, nel quale il monito di Giovanni Battista ha il suo continuo riverbero che non può essere da noi disatteso: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.

 

Fonte : www.lachiesta.it

 

 

Tags: domenica anno A avvento seconda

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