I DOLORI E LE ALLEGREZZE DI SAN GIUSEPPE ORIGINE DELLA DEVOZIONE

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I DOLORI E LE ALLEGREZZE DI SAN GIUSEPPE ORIGINE DELLA DEVOZIONE

 

 

Tra tutte le piè devozioni in onore di san Giuseppe spicca quella dei “Sette dolori e sette Gioie”. Essa merita particolare attenzione sia per la sua antichità sia per la sua diffusione.

 

Essa risale al libro “Arte de la unione con Dio”, testo di ispirazione ascetica e spirituale,composto da Giovanni da Fano (n. 1469  m. 1539), un italiano membro del nuovo ramo dei Cappuccini e grande predicato, il quale in tale libro aggiunse come appendice di esercizi spirituali "Li septe pater nostri de san Joseph”, facendone autore lo stesso san Giuseppe.

 

Sembra che egli si sia limitato alla meditazione dei sette dolori ai quali poi furono aggiunte le sette allegrezze. La devozione sembra modellata sulla corrispondente devozione all'Addolorata, allora assai in voga.

 

Quindi Fra Giovanni di Fano, nella sua storia di san Giuseppe racconta che due padri dell'ordine di san Francesco navigavano verso le Fiandre e che la nave nella quale si trovavano affondò con trecento persone.

I due si abbracciarono a una tavola; sballottati tra le onde del mare tre giorni e tre notti, si raccomandarono al glorioso san Giuseppe, del quale erano particolarmente devoti.

Il terzo giorno egli apparve tra di loro sulla stessa tavola in figura di un bellissimo giovane.

Li salutò affabilmente, confortò i loro animi sfiduciati e aumentò la forza delle loro affaticate membra così che sani e salvi giunsero alla salvezza.

Come i buoni frati si videro a terra, piegate le loro ginocchia ringraziarono Dio per tanto beneficio e supplicarono insistentemente il giovane che li aveva accompagnati di dir loro il suo nome.

Egli dichiarò di essere san Giuseppe e rivelò loro i sette grandi dolori e le sette allegrezze ricevute nei sette misteri verso i quali si ha tanta devozione; promise di aiutare e favorire in tutte le sue necessità chiunque recitasse ogni giorno, in memoria di questi misteri, sette Padre nostro e sette Ave Maria. Questa devozione è praticata da molti in Italia, principalmente tra i Padre Cappuccini" (Libro V, cap. 4).

 

Da allora lo stesso racconto lo ritroviamo riportato in numerose pubblicazioni con amplificazioni, che si prefiggono di promuovere la diffusione della pia pratica e anche la sua efficacia, elevandola al livello di "grande promessa".

Giovanni Paolo II lo ha sottolineato nella sua Esortazione apostolica Il custode del Redentore. Non a caso lo stesso Pontefice, ristrutturando il Santo Rosario, ha ricordato l’importanza dei “misteri” della vita di Cristo, che sono il fondamento  e la finalità della devozione stessa. Lo tengano presente i pastori d’anime, illustrando debitamente i misteri della vita nascosta di Gesù, che vanno dall’Incarnazione fino al battesimo di Giovanni. Mentre nel Santo Rosario tali misteri sono meditati tenendo conto del ruolo in essi avuto da Maria, nel nostro pio esercizio viene considerato il ruolo di Giuseppe. Entrambi i modelli di “servizio” hanno, comunque, come unico e comune punto di riferimento lo stesso Gesù.

La Chiesa ha dimostrato di apprezzare questa impostazione, onorando la preghiera con numerose indulgenze, a cominciare da quelle concesse da Pio VII, il 9 dicembre 1819.

Pio IX con un decreto Urbis et Orbis (23 settembre 1846) ne aveva approvato una forma più breve a beneficio degli ammalati.

Tags: santo devozione san Giuseppe sette dolori e gioie di san giuseppe

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