Omelia 
padre Antonio Rungi

Dal pozzo di Giacobbe alla piscina di Siloe: la samaritana e il cieco nato

In questa quarta domenica di Quaresima, definita della letizia, l'ampio brano del vangelo di Giovanni ci porta con Gesù a Gerusalemme, dove il Maestro e Messia guarisce dalla cecità fisica e spirituale un cieco nato. Tanti gli elementi biblici e dottrinali che sono rinchiusi in questo testo, ben sapendo che il quarto vangelo è quello teologico e di approfondimento della persona di Cristo quale Figlio di Dio, Salvatore del mondo e Redentore di tutta l'umanità.

Il brano inizia con la precisazione di Gesù che deve fare ai discepoli che di fronte a un uomo cieco dalla nascita lo interrogarono sulle conseguenze del peccato dei genitori o dello stesso cieco che ha inciso sulla vista. Si evidenzia subito la falsa concezione allora vigente presso la gente del rapporto tra malattia fisica e peccato. Gesù sfata subito questa affermazione dicendo che la malattia non è conseguenza del peccato. Il dolore è occasione per la manifestazione della potenza di Dio, in questa specifica circostanza come sempre, e non una punizione. La presenza di Cristo nella storia dell'umanità è motivo di luce, speranza e carità. Fin quando si è in pieno giorno e nella luce bisogna operare facendo il bene. Questa luce è Gesù stesso e lo fa afferma dicendo che finché egli è nel mondo, Lui ne è la luce.

Dopo aver posta la premessa passa direttamente alla guarigione del cieco, adottando una procedura particolare: emette la saliva dalla bocca e impasta la polvere, facendo del fango. Chiaro riferimento alla creazione dell'uomo, di cui ci parla la Genesi. Una volta ottenuto l'impasto, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: di andare a lavarsi nella piscina di Sìloe. Cosa che il cieco, avendo piena fiducia nel Signore, fa subito. Dopo di ciò tornò da Gesù che ci vedeva perfettamente. Il miracolo è compiuto. Chiaramente per quanti non credevano misero in dubbio il miracolo e la stessa cecità dell'uomo. Tanti dubbi nei farisei pur di non ammettere la verità della guarigione operata dal Signore. Una volta convinti di ciò che era successo, si passa a chiedere in che modo questo miracolo era avvenuto. Il cieco spiega con dovizia di particolari come aveva iniziato a vedere.

Consolidata l'idea di un miracolo operato da Gesù, si passa a processalo per il fatto che aveva agito di sabato, durante il quale era proibito fare qualsiasi cosa, ma abbeverare gli animali sì. Motivo per i farisei per condannare Gesù, in quanto un peccatore non può compiere segni del genere. Quindi ritenevano Gesù un uomo qualsiasi e non certamente per quello che il miracolo esprimeva in modo evidente: il Messia. Il successivo passo compiuto dai farisei per mettere in dubbio la divinità di Cristo è di fare un interrogatorio al neo vedente. Il cieco guarito afferma che Gesù è un profeta! E come tale nelle piene facoltà di operare fatti straordinari come guarirlo dalla cecità. La sua è una professione di fede semplice e limpida, avendo sperimentato il dono ricevuto che non fu soltanto la vista che recupera per la prima volta, ma anche la luce della fede che gli faceva vedere in Gesù il Profeta. Non bastò neanche questa affermazione, in quanto i Giudei non credettero che fosse stato cieco e che non avesse avuto la vista. E allora pensarono di chiedere direttamente ai suoi genitori, i quali confermarono che era loro figlio e che era cieco dalla nascita, aggiungendo che non sapevano come era avvenuto il prodigio. Questo atteggiamento prudenziale da parte dei genitori era dettato dal fatto che essi avevano paura dei Giudei, in quanto costoro avevano già stabilito che, se uno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Chi ci tiene alla fede la difende in tutti i modi. Di nuovo interrogano l'ex-cieco, chiedendo a lui di dire la verità. Il cieco confermò la sua totale guarigione istantanea e iniziò a difendere apertamente Gesù. Alla fine confermando la loro idea che sia lui che Gesù erano peccatori, lo cacciarono fuori dalla sinagoga.

Gesù appena seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo incontrò gli pose queste domande, per verificare il grado di fede suscitato in lui il miracolo ricevuto: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Lui rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». A questo punto la professione di fede è totale e convincente. Il cieco guarito disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui". E' l'atto di ringraziamento e di gratitudine al Signore per il dono ricevuto.

Al che Gesù coglie l'occasione per dire a tutti i presenti queste toccanti parole che riguardano tutti ed attengono al discorso della fede e della redenzione: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano presenti subito replicarono: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane». In poche parole la loro presunta rettitudine, onestà e santità viene azzerata con poche ma precise parole dette da Gesù ai farisei del suo tempo e che hanno un valore per tutti i presunti santi e giusti di questo nostro mondo. Più pensiamo di vedere con la nostra fede e più siamo accecati nella nostra presunzione e nel nostro orgoglio. Ripartire dall'umiltà della fede e lasciarsi guidare nella vita perché Cristo illumini la nostra intera esistenza e non solo un attimo o un momento di essa. Affidiamo questa voltà di rinnovamento a San Giuseppe, sposo castissimo di Maria e padre putativo di Gesù che celebreremo domani 20 marzo 2023.

 

Fonte : www.lachiesa.it

Tags: anno A Liturgia quaresima

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