Prima Domenica d'Avvento (C)

Inserito in Avvento.

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Omelia (28-11-2021)
padre Gian Franco Scarpitta

Fino a Natale e per tutta la vita

Con questa settimana inizia un nuovo percorso liturgico, che prevede come prima tappa un periodo di predisposizione e di attesa, preparazione interiore nel contrassegno della festa e della gioia. Stiamo parlando del tempo di Avvento, che la Chiesa ha introdotto inizialmente per sconfessare
l'idea pagana di"avvento" (cioè venuta, arrivo) di un imperatore o di una divinità a cui gli uomini dovevano rendere culto. L'Avvento cristiano si sostituisce nei primi secoli alle aspettative del paganesimo: Colui che "viene" e che noi attendiamo non è un personaggio nobile e altolocato, ma Dio stesso che vuole entrare nella storia per assumerla fino in fondo. Il vero veniente che aspettiamo è Dio, che vuole assumere l'umanità fin dalla prima infanzia e rendersi così Bambino per essere in tutto e per tutto uno di noi. Il tempo di Avvento è allora periodo di attesa, predisposizione al Natale del Figlio di Dio che viene nella carne, preparazione alla festa indicibile del Tutto che entra nel frammento (von Balthasar).
Le quattro settimane che ci si profilano ci invitano a non lasciare che il giorno di Natale arrivi e passi quasi inosservato o si trascorra solamente all'insegna dello sfarzo dei regali, della lussuria e della smodatezza dei consumi; Natale non deve incombere nella nostra vita quasi come una Festa senza festeggiato, ma la sua celebrazione va predisposta nella consapevolezza che colui di cui celebriamo la nascita è Colui che viene a trovarci nella singolare liturgia del 25 Dicembre, perché è venuto nella storia oltre duemila anni or sono. E' venuto fra di noi dimorando esile e indifeso in una scomoda abitazione di Betlemme, sottomesso a precari genitori in una dimensione epocale del tutto difficile, sebbene contrassegnata dalla pace di Ottaviano Augusto.
Prepararsi al Natale vuol dire quindi rievocare un evento che tanto ci coinvolge come quello di Betlemme e attenderne la celebrazione nella consapevolezza che essa stessa ce lo riattualizzerà, apportandoci di esso tutti i vantaggi salvifici.
Prepararci a celebrare il Natale non rappresenta infatti una banalità o un processo di secondaria importanza: la nascita di Gesù nella carne va predisposta nell'animo nella considerazione costante che, mentre altri uomini cercano Dio come a tentoni, Dio stesso si rivela al mondo nella sua grandezza e ineffabilità e Colui che noi non conosciamo ci viene semplicemente annunciato (At 17, 16 - 21), perché possiamo accogliere la verità con fede e in forza di questo mistero che ci viene svelato possiamo farne un criterio di vita.
L'Avvento è aspettativa di spiritualità, di accoglienza del dono che Dio ci ha fatto di se stesso e di rinnovato impegno di elevazione dell'animo. E' un rinnovo costante della nostra professione di fede, un innalzamento di noi stessi i cui ausili irrinunciabili sono la preghiera, la meditazione, la riflessione della Parola di Dio, perché da queste risorse possiamo incentivare l'adesione al mistero di Dio che si fa uomo affinché noi viviamo da uomini divinizzati. E' evidente che la fede è a sua volta incentivo a che noi riscontriamo Dio che viene nella forma di Fanciullo abbandonato in coloro che noi vediamo abbandonati e oppressi, cioè nei poveri, negli umili e negli indifesi e di conseguenza preghiera e meditazione non possono non sfociare in concrete opere di carità e di accoglienza. Se queste dovessero venir meno, ogni costruzione spirituale che abbiamo innalzato evidentemente crollerà e vano sarà stato qualsiasi sforzo a vantaggio dello spirito.
Le quattro settimane liturgiche che stiamo per trascorrere tuttavia non si limitano tuttavia al solo periodo di attesa di una data, sia pure esaltante, del 25 Dicembre. Esse ci rammentano infatti che tutta la vita è un'attesa continua di Dio che viene nella forma totalizzante del nostro vissuto; come l'Oggi che interessa da vicino la nostra vita; il Passato del quale si fa memoria istruttiva e il Futuro verso il quale occorre incamminarci con fiducia e che intanto va costruito mattone dopo mattone nell'attualità. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8), non soltanto nel senso che egli è l'immutabile e l'onnipresente ma anche nel significato più vasto che, appunto in quanto caratterizzante la nostra vita per intero, è il nostro passato, il nostro oggi e il nostro avvenire. Di conseguenza Gesù è venuto, viene oggi e verrà domani e in linea di massima lo si attende in tutti i momenti e sotto qualsiasi aspettativa. Il suo venire fra di noi e il suo stare in mezzo a noi è qualificante, perché ci da' la prospettiva del senso, del fondamento e della finalità di ogni realtà circoscritta; la memoria del passato, anche con la sua negativa e con i suoi errori, si concilia con la creazione quotidiana del presente e da questo, passo dopo passo, con la costruzione dell'avvenire mentre la fede ci dice che Cristo è anch'egli il nostro Avvenire. Lo attendiamo infatti glorioso alla fine dell'eone storico presente.
Il monito di Gesù ad evitare dilapidazioni di tempo e di risorse in beni, in affanni inutili e vane dispersioni è orientativo al futuro, quando nel momento che non ci si aspetta Gesù tornerà nella gloria; esso tuttavia va concepito come valido in qualsiasi momento: se ogni occasione è propizia per andare incontro al Signore che viene, incombe pure in ogni istante la minaccia di poter mancare a questo incontro o che possiamo trasformarlo in un'occasione di deperimento o di condanna che noi stessi ci saremo cercati. Questo avviene quando si preferisce ostinatamente la via dell'errore alla giustizia di Dio quale proposta dal profeta Geremia (I Lettura), quando deliberatamente si sceglie la schiavitù alla libertà garantita dalla legge che Dio ha scolpito nei nostri cuori; quando il peccato ostinatamente interessa la nostra vita in luogo della libertà stessa dei Figli di Dio. il profeta annuncia tempi gloriosi nei quali trionferà la giustizia, periodi indefiniti di pace e di benessere, metaforicamente luoghi di gioia che conseguono alla speranza e tale è l'obiettivo dell'Avvento nella nostra vita; preferire tuttavia le vane sicurezze e le comodità apparenti del peccato al primato della comunione con Dio equivale a perdere ogni occasione propizia e a lesionare inesorabilmente noi stessi. Il peccato è rovina perché produce disfatta.
L'Avvento è appunto l'attesa contrassegnata dalla nostra sconfitta del peccato, perché l'arrivo del Signore possa essere per noi risolutivo di gioia e di letizia, come un vero e proprio spazio interattivo di confidenza. Sia a Natale sia nel resto della vita.

 

Fonte : www.lachiesa.it

 

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