Introduzione sezione Gesù Eucaristia

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Introduzione

Che cosa è l’Eucaristia? Di fronte a questa domanda è facile restare spiazzati! E’ come chiedersi che cosa è Dio. La risposta non è semplice, ma il buon Dio, che non vuole mantenere nell’ignoranza il suo popolo ci consegna una spiegazione sicura attraverso le Scritture, le quali, come ci è spiegato in 2Tm 3, 16" Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona."

Il dato biblico


Se esaminiamo la Scrittura vediamo come il mistero della presenza reale appaia in maniera netta ed inequivocabile, purché si prendano i testi per quello che sono, senza volerli diminuire o alterare. Tutti i testi degli evangelisti, tranne quello di Giovanni, ci tramandano cosa avvenne la notte in cui fu tradito.

Quando fu l`ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio". Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi"(Lc 22, 14-20).


Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo". Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio" (Mt 26, 26-29).

Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio" (Mc 14, 22-25).


Come si può notare, il mistero eucarisitico racchiude delle realtà profonde e sublimi. Innanzitutto vi è il fatto della reale presenza del corpo e del sangue del Signore. Se analizziamo i versetti notiamo subito come in tutti e tre gli evangelisti non c’è discordanza di intenti. Spinti dal soffio dello Spirito Santo tutti e tre gli evangelisti riportano le parole di Gesù Cristo "Questo è il Mio Corpo. Questo è il Mio Sangue". E’ Gesù stesso che ci assicura con queste parole che il pane ed il vino sono dopo la benedizione la sua stessa sostanza come cibo e bevanda di salvezza. Inoltre Nostro Signore anticipa la passione con le parole "offerto in sacrificio per voi" ed ci spiega anche il perché del sacrificio nelle parole "per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati » (cfr Mc 14,24; Lc 22,20; 1 Cor 11,25).

Cristo Dio non può non dire che la verità: perciò, da quell’istante nel cenacolo (e così nei nostri altari dopo la Consacrazione fatta da Gesù nella Messa per mezzo dei Sacerdoti), Gesù, vero Dio e vero uomo, è totalmente presente sotto le apparenze del pane, è totalmente presente sotto le apparenze del vino. Cristo, che è indivisibile, è tutto dove si trova il suo Corpo e tutto dove si trova il suo Sangue. E’ proprio per questo che nella chiesa nascente l’Eucaristia si pone come centro della vita della comunità come ci assicura gli Atti degli Apostoli(2,42): « Erano assidui nell' ascoltare l' insegnamento degli Apostoli e nell' unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere ». I primi cristiani ne avevano una grande considerazione proprio perché nessuna dottrina nella Bibbia è presentata con tanta preoccupazione di non lasciare dubbi.

A togliere qualsiasi dubbio, se ancora ve ne fossero accorre l’evangelista Giovanni, colui fra gli autori del Nuovo Testamento che ha interesse a marcare gli aspetti teologici della predicazione di Gesù.


Giovanni capito 6 vers.24-69 «Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell' uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose: «Questa è l' opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell' ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell' ultimo giorno». Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell' ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell' uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell' ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell' uomo salire là dov' era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».


Il testo è lungo ma pieno di particolari. Gesù alla folla che lo cerca ansiosamente rimprovera che lo cerchino soltanto perché li ha saziati con i pani e pesci moltiplicati ma oltre al rimprovero li esorta a cercare un "pane" che non perisce e "che il Figlio dell' uomo vi darà ". Alla folla ancora incredula che cerca segni Gesù risponde «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». In questi versetti Gesù sottolinea che non è Mosè, un mortale come tutti gli altri, che ha dato il pane della vita, ma il Padre suo che è nei cieli. Il messaggio è chiaro il pane di Dio è colui che discende dal cielo. Nei versetti subito successivi Gesù specifica "Io sono il pane della vita". La folla continua a non approvare, critica, mormora, ma Gesù vuole essere ancora più chiaro: "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" . Alle continue proteste che si allargano anche ai suoi discepoli Gesù non rettifica, non corregge nulla di ciò che ha detto, anzi conferma con parole ancor più chiare: "In verità, in verità vi dico: Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita" . E continua a ripetere per ben quattro volte la frase: mangiare la mia carne e bere il mio sangue. I discepoli lo abbandonano.

Ma Gesù è disposto a rinunciare perfino agli apostoli pur di mantenere la promessa; infatti dice loro "Forse anche voi volete andarvene?" Fortunatamente S. Pietro, a nome degli apostoli, fa un esplicito atto di fede: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" .


S. Paolo esprime la fede degli apostoli e della chiesa primitiva nell’Eucaristia con queste chiare parole: "Il calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il Corpo di Cristo?" .

"Chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore; mangia e beve la sua condanna". Se la commerazione dell’atto compiuto da Gesù fosse soltanto un’opera di culto e non un Sacramento (l’Eucarestia, come gli altri sacramenti, consiste in un segno esterno che indica e produce una realtà interiore) perché San Paolo è tanto ansioso di comunicare a tutti questa realtà?

La chiesa ha sempre, sin dai suoi albori, interpretato alla lettera le parole di Gesù. Ne riportiamo alcune.

S.Ignazio di Antiochia afferma: "L’Eucarestia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il padre nella sua benignità ha resuscitato" (Ad Smyrn. 7,1). S.Giovanni Crisostomo, fra l’altro scrive: "Quanti adesso dicono: Vorrei vedere il suo volto, la sua persona, le sue vesti, le sue calzature! Ma nell’Eucarestia è lui stesso che tu vedi, lui stesso che tu tocchi, lui stesso che tu mangi!" (De Poen. hom. 9,1). Anche S.Ambrogio si esprime con grande chiarezza: "Questo che noi realizziamo (conficimus) è il corpo nato dalla Vergine... E’ veramente la carne di Cristo che è stata crocifissa, che è stata sepolta: è veramente dunque il sacramento della sua carne" (De mist., 9,53).

Sant’Ireneo di Lione, vescovo e martire, uno dei primi Padri della Chiesa d’Occidente, ebbe una felice intuizione quando disse: "Se si crede all’Incarnazione, non si può non credere all’Eucaristia".

Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica. Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche. Ecco ciò che egli scrive, verso il 155, per spiegare all' imperatore pagano Antonino Pio (138-161) ciò che fanno i cristiani:

"Nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne.

Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente.

Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.

Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere] sia per noi stessi. . . sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.

Finite le preghiere, ci salutiamo l' un l' altro con un bacio.

Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d' acqua e di vino temperato.

Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell' universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie (in greco: eucharistian) per essere stati fatti degni da lui di questi doni.

Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: "Amen".

Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l' acqua "eucaristizzati" e ne portano agli assenti [San Giustino, Apologiae, 1, 65 (il testo tra parentesi è tratto dal c. 67)".


La Liturgia dell' Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un' unità originaria:

- la convocazione, la Liturgia della Parola, con le letture, l' omelia e la preghiera universale;

- la Liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l' azione di grazie consacratoria e la comunione.

Liturgia della Parola e Liturgia eucaristica costituiscono insieme "un solo atto di culto"; [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 56] la mensa preparata per noi nell' Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].

Non si è forse svolta in questo modo la cena pasquale di Gesù risorto con i suoi discepoli? Lungo il cammino spiegò loro le Scritture, poi, messosi a tavola con loro, "prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro" [Cf Lc 24,13-35 ].


L’insegnamento del Magistero ecclesiastico.


Tutta la cristianità per millequattrocento anni ha conservato questa fede eucaristica. Lutero avrebbe voluto negarla per dare un altro schiaffo al Papa, ma non c’è riuscito e l’ ha difesa contro Zuinglio e altri eretici, dicendo: "le parole di Gesù sono chiare".


Molte volte il magistero ecclesiastico è intervenuto per affermare e ribadire la verità di fede della presenza reale del Signore nella Eucarestia. In particolare il Concilio di Trento, che si trovava di fronte alle negazioni dei protestanti, espone con ampiezza e precisione la dottrina cattolica: "Apertamente e semplicemente affermiamo che nel sacramento della Santissima Eucarestia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente sotto l’apparenza di quelle cose sensibili. Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma insieme anche nel Sacramento dell’Eucarestia secondo un modo di esistere che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con la mente illuminata dalla fede possiamo intendere e dobbiamo fermissimamente credere che è possibile a Dio" (DS 1636).


Sul mistero della presenza reale è tornato qualche anno fa Paolo VI nel Credo del Popolo di Dio. Dopo aver ricordato la dottrina espressa dal Concilio di Trento il Papa conclude: "E’ dunque per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato che essi non possono vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi".



L’approfondimento teologico di S.Tommaso.


La teologia, come sappiamo, parte dal dato di fede, accettato senza discutere, e lo approfondisce mediante la riflessione razionale. Quale sarà dunque l’atteggiamento del teologo di fronte al mistero della presenza reale? Guardiamo come si è comportato S.Tommaso, il principe e il maestro dei teologi e il cantore insuperato dell’Eucarestia.


Nell’articolo della Somma teologica dedicato alla presenza reale (III, q.75, a.1) S.Tommaso innanzitutto ricorda che la presenza eucaristica non può essere colta dai sensi, ma deve essere accettata soltanto in forza della fede che si basa sulla parola del Signore. E cita S.Cirillo Alessandrino il quale scrive: "Non dubitare se ciò sia o non sia vero, ma piuttosto accogli nella fede la parola del salvatore: essendo egli la Verità, non può mentire".


Tuttavia S.Tommaso non si limita a ribadire il dato della fede ma, da vero teologo, porta anche degli argomenti razionali di convenienza a favore della presenza reale: porta cioè delle argomentazioni che mostrano come questa verità si accordi mirabilmente con gli altri dati della fede. Non si tratta di provare con la ragione una verità rivelata da Dio, ma solo di indagarne tutta la profondità e la bellezza.


Dice dunque S.Tommaso che conviene alla perfezione del Nuovo Testamento che il Signore sia presente nell’Eucarestia veramente e realmente, e non soltanto simbolicamente. Infatti la differenza fra l’Antico e il Nuovo Testamento sta proprio in questo: che nel primo si avevano solo delle prefigurazioni e degli annunci, nel secondo invece si hanno delle realtà. Ritenere che Cristo sia presente nell’Eucarestia solo simbolicamente significherebbe dunque restare al livello dell’Antico Testamento.


Inoltre, continua S.Tommaso, la presenza reale conviene mirabilmente alla perfezione della carità di Cristo. E’ infatti caratteristica del vero amore di amicizia il voler restare vicini alla persona amata. Ora Gesù, prima di lasciarci per risalire al Cielo, ha voluto trovare il modo di rimanere accanto a noi. Per cui, conclude S.Tommaso, "questo sacramento è il più grande segno della carità e sostegno della nostra speranza, a motivo di una così intima familiarità di Cristo con noi".


Infine, aggiunge l’Angelico Dottore, è conveniente per la perfezione della nostra fede che in questo sacramento ci rimanga nascosta non solo la divinità, ma anche l’umanità del Signore. In tal modo infatti l’Eucarestia può diventare il mistero della fede per eccellenza, credendo al quale noi dimostriamo nel modo più evidente la nostra totale fiducia nelle parole di Gesù, al di là di quanto possiamo vedere, toccare e gustare con i nostri sensi.


Quest’ultimo richiamo alla fede fa tornare alla mente le calde parole conclusive dell’inno eucaristico Adoro Te devote, parole che possono diventare anche la nostra preghiera:" Gesù, che ora contemplo velato, fa’ che avvenga ciò che tanto desidero: che contemplandoti un giorno a volto scoperto, possa divenire beato nella visione della tua gloria" .

MANE NOBISCUM DOMINE


Di Seguito un elenco di alcuni documenti pontifici relativi all’Eucaristia.


· Mane Nobiscum Domine - Lettera Apostolica, Giovanni Paolo II

· Ecclesia de Eucharistia - Enciclica, Giovanni Paolo II

· Dies Domini - Lettera Apostolica, Giovanni Paolo II

· Dominicae Cenae - Lettera, Giovanni Paolo II

· Mysterium Fidei - Enciclica, Paolo VI

· Mirae caritatis – Enciclica, Leone XIII